Istruzioni per l'uso:
Il non riconoscermi mi crea del disagio.
Ecchetelodicoaffare quanto sono incazzata.
Torno a scrivere, perché me l'ha detto il medico.
Non quello con il camice bianco, l'altro, quello dell'anima, quello che mi guarda e mi dice:" la cera triste sul tuo visino non sta per niente bene! Se sei scontenta di una cosa cambiala!"
Sto bevendo intrugli, correndo e mangiando come il mio corpo chiede, forse non è lui, forse è la mia mente che ne ha bisogno.
Ha bisogno di guardarsi allo specchio e vedersi piacente.
Non mi piaccio, ecco qual'è il pensiero che ingombra la mia mente.
E non sto facendo niente per cambiare.
Sto qui a commiserarmi inerme.
Non sono così, io combatto per natura.
Lo faccio per gli altri, perché non dovrei farlo per me?
Eppure non riesco a trovare la forza di volermi bene, di migliorarmi.
Molti organi del nostro corpo sono doppi, girano in coppia, come dovrebbe essere per me, altri stanno soli.
Il corpo è il sinonimo di te, di quello che sei, dell'emozioni che provi e dei disagi che somatizzi.
Somatizzare e condividere sono concetti che se incontrati in un momento di smarrimento, possono aprirti un mondo, qualche volta bello, molte altre volte impegnativo.
Circa un anno e mezzo fa, ho deciso di cambiare la mia vita, ho preso i momenti che mi hanno formato, gli ho messi a bagno nelle lacrime, strofinati nelle paure e profumati nella consapevolezza. Li ho sciacquati in altre lacrime, strizzati e messi ad asciugare al vento del cambiamento.
Oggi, 3 Marzo 2013, dopo aver passato una domenica in famiglia, mi siedo sul divano e trovo la tv sintonizzata su di un film che avevo già visto, lo riguardo con gli occhi più vecchi di un anno e trovo le mie risposte.
Trovo La Risposta, per eccellenza.
Lui è me.
G, i suoi mordi e fuggi, le sue battute è tutto quello che ho sempre voluto per me stessa.
Sono io quella che non vuole crederci, che non vuole arrendersi alla realtà, al bisogno morboso di dormire in un abbraccio e di sentirmi protetta, coccolata, nascondermi dietro a mille scuse, al lavoro e alla distanza. Il tempo che non c'è, è la mia prerogativa.
Sono io.
Sono arrivata qua, dopo tutto questo tempo e ora ho paura.
Smarrimento.
Smettere di controllare, lasciar suonare il telefono e concedersi una pausa.
E' come se stessi su di una giostra.
Il vento tra i capelli, il cavallo che gira, continuamente, lentamente.
Mi sembra di volare, di fare la principessa che ho sempre desiderato.
Sono la regina del mio futuro ed è bello, emozionate e allora fatemi girare e fatemi sapere, vedere, conoscere, risolvere! Continuamente!
Ma adesso sono stanca, il sole si è abbassato, mi arriva dritto negli occhi, è pomeriggio, il vento è diventato più calmo e io non sono più la principessa del futuro, sono la Susanna del presente.
La laureata che per sette anni ha aspettato se stessa innamorandosi, senza riconoscersi.
Voglio fermare la giostra e scendere.
Voglio smettere di sapere, vedere, conoscere e risolvere.
Voglio vivere quello che ho riconosciuto e voglio farlo adesso, insieme con Lui.
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